I SERVI DELLA GLEBA

Sono molti i dirigenti e gli attivisti del Club Alpino Italiano che lamentano lo scarso impegno che i soci dimostrano  nei riguardi del sodalizio, nel senso che usufruiscono delle sue attività ed iniziative senza rendersi parte attiva nella loro realizzazione. Il C A I è considerato da molti alla stessa stregua di un'agenzia turistica dove, pagate le quote d'iscrizione, si ha il diritto di usufruire dei relativi servizi. Questa situazione è testimoniata dall'assenteismo dei soci nell'assemblea annuale dove sono trattati argomenti decisivi per la vita del sodalizio,  quali l'elezione del Consiglio Direttivo della Sezione, la relazione sulle attività svolte e dove sono gettate le basi delle future iniziative. Non sembra vero, ma la partecipazione dei soci alle assemblee non arriva al 10%. Questa dunque è la situazione, ma non c'è da meravigliarsi che sia così. Il C A I non è un'isola felice al di fuori o sopra le realtà contingenti. Nel C A I si verificano, di riflesso,  le stesse situazioni e le stesse relazioni della  società del nostro tempo.  Esaminiamo i rapporti esistenti fra lavoratori e datori di lavoro o quantomeno dirigenti. Vediamo subito che sono rapporti di stretta dipendenza e subordinazione. Il lavoratore non può eleggere i propri superiori diretti, esprimere il proprio parere sull'organizzazione interna e sulla conduzione aziendale, non può essere compartecipe degli utili creati col proprio lavoro.  Questo tipo di sudditanza è moralmente eguale a quella dei servi della gleba di medioevale memoria. Come al servo della gleba tornava comodo, dopo aver servito il padrone, tornare a casa trovare un piatto di minestra sul tavolo e la moglie nel letto,  con la quale divertirsi a fare figli; così al lavoratore del giorno d'oggi torna comodo  tornare a casa, trovare un piatto di spaghetti, avere la macchina nell'autorimessa, la televisione nel salotto e la moglie nel letto con la quale divertirsi senza fare figli. La mentalità di subordinazione e di dipendenza è universalmente accettata, la volontà di cambiamento non è mai stata espressa,  non è quindi ipotizzabile una radicale trasformazione dei rapporti di lavoro ne attualmente ne negli anni futuri. E non può essere diversamente, finché i mezzi di produzione e di lavoro saranno gestiti dall'iniziativa privata ogni innovazione migliorativa è da escludere. È spiacevole arrivare a queste conclusioni, ma l'iniziativa privata ha più che ampiamente dimostrato di non essere in grado di risolvere  tutti i problemi della società, certamente: il suo unico fine è quello della salvaguardia e dell'accrescimento dei propri interessi e privilegi, il resto non conta.  Solo un'economia gestita dalla collettività è di stimolo per tutti ad essere compartecipi della gestione aziendale, liberando ogni lavoratore dallo stato di sudditanza ed elevandolo ad un rango umanamente più dignitoso. Non solo, ma un'economia così gestita è in grado di risolvere  i più importanti problemi della società, quelli che toccano profondamente ognuno di noi. Cito gli essenziali: lavoro garantito a tutti per tutta la vita, l'assistenza medica completamente gratuita per qualsiasi tipo di problema, il diritto allo studio per tutti non legato alle condizioni economiche della famiglia, e molte altre cose ancora.  Quando espongo queste idee mi sento dire con indignazione e disprezzo: "Ma questo è comunismo". Rispondo: "Questo non è comunismo, ma solo giustizia e rispetto della personalità  e dignità umana, principi che vengono sempre sbandierati,  ma sempre disattesi nella nostra società". La conseguenza è che non esiste la mentalità, l'impegno d'essere compartecipi della gestione della società, d'essere protagonisti nel proprio luogo sociale, ma solo quello che dicevo prima: subordinazione e sudditanza. E, quello che è peggio, supina accettazione delle decisioni che vengono dall'alto. Questa situazione com'esiste nella nostra società così esiste nel C A I. Sono sempre pochi quelli che s'impegnano nell'organizzazione delle attività sociali.  Ognuno di essi ha le proprie motivazioni che possono andare dall'ideale per il sodalizio, al desiderio di  fare cose utili per i soci, all'ambizione personale di occupare posti direttivi.  Comunque  l'impegno esiste, i risultati a volte anche importanti ci sono ed il C A I va avanti. Tutti gli altri si trascinano dietro.

 

 

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